Divisa in tre puntate da 60 minuti l’una, la miniserie diretta da Daniele Lucchetti ripercorre la vita personale e professionale della regina del pop, icona della comunità Lgbtqia+ dagli anni Sessanta in poi, star che iniziando dal cinema ha conquistato poi tutte le classifiche della musica italiana.
RECENSIONE
A metà strada tra serie TV e documentario, Raffa di Daniele Luchetti è un ritratto esaustivo e dal ritmo incalzante della regina indiscussa degli show televisivi italiani dagli anni Sessanta in poi. Attraverso una carrellata di immagini d’archivio, si passa dai film nostrani di Blasetti, Monicelli e Lizzani fino all’apice hollywoodiano, dove fu diretta da Frank Sinatra. Poi, la vediamo ballare nei tre minuti che la resero celebre nel mondo Rai, per proseguire con Canzonissima, Milleluci, MilleMilioni, Ma che sera, Fantastico, Domenica In e, infine, Carramba che sorpresa.
Luchetti, però, non si limita a raccontare il successo televisivo: parlare solo di Raffaella Carrà non basta. Il regista scava anche nella sfera personale della soubrette, intrecciando lungo tutta la serie le due dimensioni di Raffaella Carrà e Raffaella Pelloni. È proprio questo il punto più interessante del racconto: le fragilità e l’intimità di Raffaella emergono attraverso le interviste a Barbara Boncompagni, Tiziano Ferro, Fiorello, Gino Stacchini e José Luis Gil, rivelando una figura complessa e straordinariamente umana.