Il nostro giudizio

Nel film, ricordi e racconti sono assemblati come in un puzzle. Tuttavia, a differenza del romanzo di Veronesi, la frammentazione temporale crea confusione, riducendo l'empatia verso i personaggi della vita di Marco.

Il colibrì, di Francesca Archibugi

Il film, diretto da Francesca Archibugi, è tratto dal romanzo Il Colibrì dello scrittore fiorentino Sandro Veronesi, vincitore del Premio Strega 2020. Il film ha ottenuto 2 candidature e vinto un premio ai Nastri d’Argento, 4 candidature a David di Donatello. Presentato il 13 ottobre 2022 in anteprima alla Festa del Cinema di Roma 2022.

TRAMA

Durante un’estate al mare, un giovane Marco incontra Luisa Lattes, una bambina di straordinaria bellezza dal carattere singolare. Sebbene sia amore a prima vista, il destino ha in serbo per lui un percorso differente: non potranno mai condividere la loro vita insieme. Marco sposa infatti Marina, con cui si trasferisce a Roma e dalla quale avrà una figlia, Adele. Tuttavia, le circostanze lo costringono a ritornare a Firenze, dove affronta numerose sfide esistenziali. Sarà Daniele Carradori, lo psicoanalista di Marina, a guidarlo nella comprensione e nell’accettazione dei tumultuosi cambiamenti nella sua vita. Attraverso la storia di Marco, il film esplora la condizione umana, oscillando tra passioni profonde, coincidenze inaspettate e dolorose perdite, in una continua ricerca di equilibrio e felicità.

RECENSIONE

Francesca Archibugi, adatta il romanzo di Veronesi, eliminandone le parti più leggere e divertenti delle prime pagine ed imprimendo alla pellicola un tono doloroso fin dall’inizio. Come in un puzzle mette insieme ricordi e racconti, ma se la pagina scritta aveva la capacità di trasportarci in un mondo intenso e profondamente umano, nel film la costante frammentazione della linea temporale genera confusione, compromettendo la capacità dello spettatore di empatizzare con i personaggi che entrano e escono dalla vita di Marco. Tuttavia Francesca Archibugi dirige con delicatezza un film corale, enfatizzando emozioni e sguardi di un cast di attori formidabili. Favino è perfetto nell’interpretare un uomo mediocre che ha dovuto sopportare prove difficili e dolori insormontabili senza lasciarsi travolgere. A lui toccano le parole più importanti del film, specie nel monologo in cui rinuncia alla milionaria vincita del poker, che passa in rassegna l’agonia della cultura sgretolata dei consumi e del profitto.

Il Colibrì ha anche il merito di porre l’attenzione sul tema dell’eutanasia, di quando e come lasciare andare chi soffre, laddove film esteri di successo sono già arrivati da tempo, come Le invasioni barbariche (2003) del franco canadese Denys Arcand e Million Dollar Baby (2004) di Clint Eastwood.

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Nel film, ricordi e racconti sono assemblati come in un puzzle. Tuttavia, a differenza del romanzo di Veronesi, la frammentazione temporale crea confusione, riducendo l'empatia verso i personaggi della vita di Marco.Il colibrì, di Francesca Archibugi