TRAMA
Negli anni settanta a Roma, la coppia formata da Clara, spagnola, e Felice Borghetti, siciliano, si trasferisce con i tre figli in un nuovo appartamento periferico. Il loro matrimonio è in crisi, e Clara cerca di compensare dedicandosi completamente ai figli, anche se il rapporto con la figlia maggiore diventa sempre più teso. La dodicenne avverte le tensioni nel matrimonio dei genitori e comincia a mettere in dubbio la sua identità di genere, preferendo farsi chiamare Andrea e presentandosi come maschio agli altri.
RECENSIONE
Emanuele Crialese realizza un film intimo, quasi una confessione, che non riesce a trovare lo stimolante senso estetico di Nuovomondo (2006) e la scorrevole narrazione di Respiro (2002). Il regista sembra evitare di immergersi nel cuore del soggetto, mantenendo un’estetica cesellata che non contribuisce al racconto, dando la netta sensazione di voler scrivere il film ispirandosi alle hit di quegli anni e alle coreografie di Raffaella Carrà. Il film soffre di una timidezza che impedisce alla pellicola di adottare uno stile deciso e sembra continuamente porre le basi per una storia che non decolla mai. Ma Crialese sa dirigere gli attori. Penélope Cruz spicca, trasmettendo l’idea che la figlia Adriana possa essere chiunque desideri attraverso l’ironia del gioco, e assieme a Vincenzo Amato dà profondità a un film che brilla soltanto in singole scene piuttosto che nell’insieme.